Anywhere Anytime


18/10/2024 - 19/10/2024

Proiezione unica ore 21

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Regia: Milad Tangshir
Interpreti: Ibrahima Sambou, Moussa Dicko Diango, Success Edemakhiota
Origine: Italia
Anno: 2024
Soggetto:
Sceneggiatura: Milad Tangshir, Daniele Gaglianone, Giaime Alonge
Fotografia: Giuseppe Maio
Musiche:
Montaggio: Enrico Giovannone
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 77


In Concorso alla Settimana della critica dell’81ª Mostra del cinema di Venezia, Anywhere Anytime è la storia di Issa, un giovane immigrato clandestino rimasto senza lavoro. Diventa così rider, grazie a un amico, comprandosi a pochi soldi una bicicletta per poter girare la città e consegnare le ordinazioni. Ma il destino crudele è dietro l’angolo: un giorno gli rubano la bici. Rimasto a piedi, deve scegliere che cosa fare. Il dilemma morale non è di poco conto e potrebbe costare dolorose conseguenze anche ad altri, come il finale sembra suggerire. Milad Tangshir, da anni in Italia ma di origine iraniana, al suo esordio nel lungometraggio di finzione firma un’opera sensibile e sincera, nella quale prevalgono la paura e la precarietà che sperimenta ogni giorno chi è costretto a lavorare in condizioni di grande incertezza. Issa, interpretato dal convincente Ibrahima Sambou, sente questa inquietudine vulnerabile e si affida alle poche cose che possiede per vivere: uno zaino, una bici, uno smartphone, mezzo che aiuta chi non sa nemmeno parlare italiano. Torino è l’altra protagonista del film, colta nei suoi aspetti più popolari, lontani dal turismo. Ma Torino è anche una città universale, un luogo indefinito dove tutto sembra ripetersi. Rileggendo in forma attuale la povertà del neorealismo, a cominciare dall’evidente richiamo a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, Tangshir descrive una storia toccante piena di umanità, in cui l’agrodolce finale non mitiga il ritratto della quotidianità fragile e instabile di tanti immigrati, ma ne ricorda esattamente la loro giornaliera esperienza.

Film TV – Adriano De Grandis

“Tu hai la tristezza negli occhi” dice a un certo punto del film una signora a Issa, che l’ha aiutata a portare in casa le pesanti borse della spesa per poi fermarsi a raccontarsi le reciproche storie davanti a un caffè. Lui è un immigrato senegalese senza documenti, arrivato in Italia da solo mentre la madre e lo zio sono rimasti in Senegal, e che ha perso il lavoro a causa del suo essere irregolare. L’amico Mario, senegalese anche lui, decide di aiutarlo prestandogli il proprio equipaggiamento da rider – uno smartphone e una borsa frigo – oltre che cedendogli il suo profilo sulla piattaforma Anywhere Anytime, che si occupa di consegne a domicilio. Issa compra una bicicletta usando tutti i pochi soldi che ha e comincia a pedalare per le strade di Torino consegnando gli ordini. È proprio durante una di queste consegne che gli rubano la bicicletta. Comincia così il suo errabondare per la città, tra mercati dell’usato e annunci online, determinato a ritrovare quell’unica boa di salvataggio nel mare urbano in cui è precipitato, prigioniero di un vortice di eventi che si fanno via via più disperati.

Al suo esordio alla regia di finzione, il regista Milad Tangshir sceglie di raccontare la storia di tanti “visibili-invisibili”, la vita di un ragazzo qualsiasi che è quella di molti, ma è anche quella di anziani, poveri, emarginati, malati che si ritrovano ugualmente soli, dimenticati o ignorati, innescando dinamiche di prevaricazione o mutuo soccorso. Tangshir attinge senza timore la matrice da Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, arricchendolo di un’impellenza contemporanea che trafigge il cuore. Filma Torino come un brulicare incessante, di gente, di voci e rumori, il lavorìo costante di anime che devono in qualche modo arrivare alla fine della giornata portandosi a casa qualcosa, che siano pochi centesimi raccolti fuori da un supermercato, un piatto di pasta alla mensa dei poveri o una bicicletta rubata per poter lavorare, in condizioni di precarietà assoluta, spesso incontrando il sordo rifiuto di quelli a cui non costerebbe quasi nulla dare una mano.

Non è un film di denuncia Anywhere Anytime, ma si veste di un neorealismo 2.0 che osserva e racconta ciò che vede senza pietismo, forse con misura fin troppo chirurgica nell’incastrare ogni elemento narrativo. Il film si muove con grande equilibrio tra il dramma e i momenti di sospensione, tra diurne corse a perdifiato a rincorrere quell’unica concreta possibilità di sopravvivere e notturne sequenze di tenerezza e condivisione, dove abbandonarsi ai desideri fa quasi paura. Nello sguardo di Issa c’è davvero quella tristezza, che mai cede alla totale disperazione, e fa da contrappeso alla levità della scena finale. Il mare restituisce tutto.

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