Il maestro che promise il mare

El maestro que prometió el mar


04/10/2024 - 05/10/2024

Proiezione unica ore 21

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Regia: Patricia Font
Interpreti: Enric Auquer - Antoni Benaiges, Laia Costa - Ariadna, Luisa Gavasa - Charo, Gael Aparicio - Carlos, Alba Hermoso - Josefina
Origine: Spagna
Anno: 2023
Soggetto: Francesc Escribano
Sceneggiatura: Albert Val
Fotografia: David Valldepérez
Musiche: Natasha Arizu del Valle
Montaggio: Dani Arregui
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 105


Due vicende, due tempi, due Storie. La prima – la più esemplare, la più “cinematografica” – è vera, e la racconta Desenterrando el silencio (letteralmente, “dissotterrando il silenzio”), il libro di Francesc Escribano da cui è tratto il film, biografia del maestro catalano Antoni Benaiges (Enric Auquer) assegnato nel 1935 alla scuola elementare del borgo di Bañuelos de Bureba e lì fucilato dai falangisti dopo appena un anno d’ispiratissimo servizio perché «rosso, ateo e nemico della Spagna». La seconda, ben lungi dall’essere soltanto una cornice, serve a dare gravitas, peso, profondità alla prima, ancorandola al presente e facendone risuonare l’eco nell’indagine di una donna (Laia Costa) decisa a scoprire la verità taciuta sul suo bisnonno: se l’è inventata la regista, ma ricalca con cura (anche documentaria: tra gli attori del segmento figura Francisco Etxeberria, l’antropologo forense responsabile de gli scavi a La Pedraja nel 2010) l’interminabile calvario di migliaia di cittadini spagnoli che ancora oggi passano al setaccio le fosse comuni in cerca delle ossa dei propri cari. Dalla Guerra civile sono trascorsi più di 80 anni, eppure è solo del 2007 la “legge della memoria storica” che ha posto fine al Pacto del olvido, il “patto dell’oblio” sancito alla morte del generalísimo per agevolare la transizione democratica del paese dopo il franchismo. Il film va letto nell’ottica di questa urgenza: pedagogico ma non didascalico (al netto di qualche simbolismo di troppo, e di alcune scelte stilistiche un po’ naïf), commosso ma non ricattatorio, contrappone con limpido afflato civile la forza dell’educazione all’oscurantismo codardo del potere.

Film TV – Caterina Bogno

È un piccolo film Il maestro che promise il mare di Patricia Font. Piccolo quanto il borgo di Bañuelos de Bureba, un villaggio della provincia di Burgos situato nel nord della Spagna. Dove tutti conoscono tutti e anche l’arrivo di un nuovo maestro di scuola può causare un certo scalpore. Del resto Antoni Benaiges (Enric Auquer) ha qualcosa di diverso, di speciale. È ateo, di sinistra, non è severo. È pieno di entusiasmo e predilige bizzarri metodi d’insegnamento. Con lui i bambini si divertono, imparano, passeggiano nei boschi. Progettano persino di partire per vedere il mare. Mentre sullo sfondo inizia a profilarsi lo spettro della sanguinosa guerra civile spagnola – che di lì a pochi mesi spazzerà via inesorabile ogni traccia di candore, seminando inquietudine.
Parzialmente ambientato nel grigiore politico del 1935 e ritratto nel progressivo deteriorarsi dell’umana empatia di cui il comparto fotografico – piuttosto freddo – prova a restituire il tristo e inevitabile decadimento, Il maestro che promise il mare è così, innanzitutto, un film di reperti. Che non a caso si apre sull’accurata gestualità archeologica di moderni studiosi impegnati negli scavi di vecchie fosse comuni del Paese – a 75 anni di distanza dalla storia di Antoni Benaiges cui la regista, tramite flashback, dedica la maggior parte del minutaggio. E che, fin dai primissimi istanti, svela apertamente il carattere generazionale del proprio racconto; muovendosi nel tempo a partire dalle indagini della nipote di uno degli alunni del maestro e da lì saltellando senza sosta. Fino a rievocare – almeno per certi versi – il carattere “testamentario” del Terra e libertà di Ken Loach.
Privo di particolari guizzi di regia, il film di Font conserva infatti la sua principale ragion d’essere nella profondità gioiosa del suo protagonista. Negli occhi luminosi di un uomo che vuole parlare del mare e non della guerra. Nella sua fede nell’inestimabile potere delle parole che fa rivivere gli ideali del Professor Keating di Weir. E ancora in quei preziosi momenti di confronto tra alunni e insegnante nei quali la regista riscopre la magia infantile del primo Cuarón. Di quel desiderio di incontaminata purezza e speranza nel futuro di cui ogni buon maestro non può che farsi portavoce. E che resiste, immortale, alla violenza insensata del mondo degli adulti.

Sentieri Selvaggi – Dario Bondini