A Complete Unknown


28/03/2025 - 29/03/2025

Proiezione unica ore 21

Acquista i biglietti


Regia: James Mangold
Interpreti: Timothée Chalamet - Bob Dylan, Edward Norton - Pete Seeger, Elle Fanning - Sylvie Russo, Monica Barbaro - Joan Baez, Boyd Holbrook - Johnny Cash, Dan Fogler - Albert Grossman, Norbert Leo Butz - Alan Lomax, Scoot McNairy - Woody Guthrie, P.J. Byrne - Harold Leventhal, Eriko Hatsune - Toshi Seeger
Origine: Stati Uniti
Anno: 2024
Soggetto:
Sceneggiatura: Jay Cocks, James Mangold
Fotografia: Phedon Papamichael
Musiche:
Montaggio:
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 133


1961. Al capezzale di Woody Guthrie, cantante folk in fin di vita, si presenta un ragazzo del Minnesota, Robert Zimmerman, che si fa chiamare Bob Dylan. Woody e l’amico Pete Seeger lo ascoltano suonare e capiscono di avere a che fare con un talento raro. Dylan si fa strada rapidamente nella scena newyorchese del Greenwich Village e diviene un artista folk adorato per la sua capacità di unire una musicalità innata a temi di protesta che non fanno sconti al sistema. Si lega sentimentalmente a Sylvie Russo, ma la tradisce con Joan Baez, altro talento della scena folk. Fino al 1965, anno della svolta “elettrica”, in cui Dylan suona con un gruppo rock e abbandona i testi impregnati di messaggi politici in favore di un lirismo surreale tra Rimbaud e Dylan Thomas. La comunità di Greenwich Village lo considera un traditore, ma il mondo è ormai ai suoi piedi. […] Risolvere l’enigma Bob Dylan, tra verità e menzogna, mito e idolatria, rimane chiaramente un’impresa impossibile. Allora meglio accettare la vulgata dylaniana per come è e lavorare sulla percezione di Dylan, quella del pubblico dei primi Anni Sessanta e di noi spettatori del terzo millennio.

Emanuele Sacchi, Mymovies

[…] Questa parabola Mangold la conduce con uno stile sobrio, estremamente rispettoso della materia, molto classico ma tutt’altro che scontato. La sua incidenza si nota nella scelta di una determinata prospettiva, nell’individuazione di una precisa direttrice simbolica perseguita come costante per tutta la durata della storia, in modo da consentirle di diventare il segno e la registrazione dei vari mutamenti di stato. Tutte le scene sono costruite attraverso un’attenta tessitura delle traiettorie dello sguardo dei vari personaggi. Ogni evento si sviluppa e si plasma davanti agli occhi ora ammirati (nella prima parte) ora sospettosi (nella seconda) di chi osserva. È chi guarda, secondo Mangold, che rende esplicito l’atto altrui, che in qualche modo fornisce ad esso il significato e ne registra mitopoieticamente il passaggio alla Storia. Estremizzando, si potrebbe addirittura dire che tutte le tensioni, le consapevolezze e il senso stesso del film sedimentano sui piani di reazione dei personaggi. Reazioni che dividono il film drasticamente in due, tra il momento della formazione, in cui il suono e le parole di Dylan concepiscono la magia della creazione davanti agli occhi ammirati di Seeger, Guthrie, il pubblico ecc., e il tempo in cui quella stessa magia diventa in Dylan arma consapevole per generare venerazione e quindi successo, e poi sospetto che possa tramutarsi in voltafaccia, in egocentrismo.

Uno dei meriti di A Complete Unknown è anche quello di trattare Dylan con rispetto pur evitando l’agiografia, anzi, stigmatizzandone tra le righe, sempre attraverso il giudizio che passa negli occhi degli altri, qualche comportamento dettato dall’accrescimento dell’ego. «Why did you come here, what to make me watch you?», perché sei venuto qui, per farmi guardare cosa stai facendo?, gli dice Joan Baez (Monica Barbaro, appena nominata all’Oscar) dopo essere stata svegliata nel cuore della notte dagli accordi di una canzone appena abbozzata. È il 1965 e gli splendidi colori pastello del periodo precedente tratteggiati da Phedon Papamichael si sono trasformati in ombre fumose, screziate da neon che Dylan affronta inforcando un paio di lenti scure con cui “può vedere dentro l’anima”, in una trasformazione nel cliché poetico vivo fin dai tempi di Omero.

Chalamet, al netto del naso prostetico, è un Dylan credibile, al contempo fragile e accentratore, spesso riflessivo e chiuso nella sua dimensione intima, capace di ricreare i classici con una voce che pur imitando l’originale è dotata di un timbro personale che ne arricchisce l’interpretazione (per altro nominata all’Oscar). Lo sguardo filiale, di un figlio affettuoso che sa di essere ormai diventato genitore del proprio padre, che il suo Dylan dedica a Guthrie nel finale del film è un momento di sospensione incantevole, perché fornisce attraverso il duplice metro su cui è edificato il film (il fondamento dello sguardo, la sobrietà della regia) il grato riconoscimento della tradizione e la sua successiva legittimazione, sfrecciando su una Triumph, verso il futuro della musica americana.

Gianpiero Frasca, Cineforum


La casa di distribuzione del film, Walt Disney Pictures, comunica agli spettatori quanto segue:

“A COMPLETE UNKNOWN” contiene svariate sequenze di immagini ed effetti di luce lampeggiante che potrebbero arrecare disturbo alle persone potenzialmente predisposte a epilessia fotosensibile o altre forme di fotosensibilità